Una predisposizione incolta, confusamente radicale, dominava il cervello dei combattenti; la professione di fede della maggioranza sonava insomma: "Si finisca una volta col monopolio, anche con l'ultimo, la monarchia!". Perciò, dopo l'installazione della nuova monarchia, infuriò nel popolo una tempesta di corruccio contro i ciarlatani, che per la vittoria propria avevano pigliato in giro i soldati delle barricate; e, molto tempo dopo, Lamartine poteva ancora lanciare la stupida accusa, che soltanto la debolezza di Lafayette aveva intercettata ai francesi l'agognata repubblica. Il frutto della vittoria doveva necessariamente toccare alla borghesia, perché soltanto essa nella confusione del movimento cieco camminava a uno scopo chiaro. Durante la lotta la camera dei deputati aveva mostrato quell'assoluta viltà, che poi è rimasta l'eredità inalienabile della borghesia francese; ma come la vittoria della rivolta si delineò decisa, allora si arrischiò a uscire dall'ombra. Ciò che desiderava, la caduta della monarchia aristocratica, era un fatto compiuto. Ciò che adesso le premeva, era di salvare il trono e l'ordinamento burocratico; e i partiti della borghesia fecero così presto ad accordarsi sull'elevazione al trono del duca di Orléans, appunto perché ogni indugio avrebbe favorito i disegni più radicali dei repubblicani e dei bonapartisti.
Il nuovo regime, dunque, era nato con la macchia originale dell'incompletezza e della falsità(9), che si manifestava in mille racconti trasparenti.
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Lamartine Lafayette Orléans
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