Certo, non fu raggiunto il successo completo; perché all'introduzione della scuola obbligatoria resistevano l'odio del clero, l'egoismo della borghesia, che avrebbe volentieri interdetto agli operai il lusso della cultura, e infine quella disposizione di ostilità allo stato e necessariamente rigogliosa, che si nasconde sotto il manto della tutela burocratica; disposizione, che solo di malavoglia si sobbarca a nuovi doveri verso il pubblico; umori tutti di tal natura, che si suol rendere con la bella locuzione: lo spirito d'indipendenza della nazione.
Maggiore interesse suscitò la lotta per la libertà d'insegnamento; il cui corso mostrò apertamente come era penetrata a fondo nei costumi della nazione l'idea dell'onnipotenza dello stato. L'università napoleonica aveva eccellentemente risposto allo scopo del fondatore. Tutto il corpo insegnante dei licei era un docile strumento nelle mani del ministro. Gli era espressamente proibito "il vano piacere di una seducente improvvisazione"; l'insegnamento era disceso a un precettismo affatto meccanico. Anche adesso la più parte dei francesi colti ripensano con odio al tempo della scuola, e non già, come i tedeschi e gl'inglesi, con affettuosa gaiezza. Persino Ernesto Renan confessa che l'insegnamento nei seminari teologici sia meno comprimente dell'istruzione dei licei, e Bastiat prova tanta nausea del metodismo del falso classicismo, che ne è trasportato a lottare contro tutta la cultura classica. Ma non appena la Chiesa dichiara la guerra all'università, e, sia in nome della fede, sia in nome della libertà, domanda la fine del monopolio di stato, subito tutti gli organi della pubblica opinione prendono le parti dell'università: alla mentalità comune burocratica la libertà della Chiesa appare come dominio della Chiesa; pel liberalismo volgare s'intende per libertà solo la violenza ai propri nemici.
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