Il popolo belga aveva ricevuto con malavoglia non dissimulata i francesi, la seconda volta che erano entrati nel loro territorio. Questa disposizione non migliorò, dopo che quel savio principe si fu insediato sul nuovo trono. E molto, troppo spesso toccò a Luigi Filippo di mandare a Brusselle l'accorta sorella Adelaide, a calmare le apprensioni della corte belga, la quale da un pezzo meditava seriamente di entrare nell'Unione doganale tedesca. La diffidenza delle grandi potenze non ha consentito mai e poi mai alla corte francese, e lo abbiamo visto su a proposito del disegno di unione doganale franco-belga, di esercitare nel Belgio un'influenza predominante.
Ma se qui fu raggiunto un mezzo successo, per contro nelle vicende polacche la nazione fu pienamente offesa in tutti i suoi sentimenti più cari. Beniamina dei francesi, perché del pari cattolica e rivoluzionaria, legata alla Francia dal contegno cavalieresco, dall'antica fratellanza di armi, dai mille legami dell'affinità morale e ideale, la Polonia si sollevò contro quello czar, che l'opinione pubblica con la sicurezza del suo istinto detestava come capo della nuova santa alleanza. Un giubilo immenso accompagnava dalla Senna ogni colpo di fucile nelle pianure polacche. Lafayette con l'intera democrazia propugnava la guerra in pro dei polacchi: era arrivato il tempo di riparare a quell'antico misfatto dei gabinetti, che gli storici francesi amano di presentare come il più orribile di tutti i delitti. Per mascherare, beninteso, le colpe consimili del loro proprio popolo.
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