Torna a onore dell'intelligenza del governo l'avere respinto, sdegnando quelle vuote fantasie, una guerra senza costrutto, da condursi per un interesse straniero. Ma quando Sebastiani esaltò i brutali successi militari della Russia con le parole: "l'ordre règne à Varsovie", allora il governo si fece nemica per sempre l'opinione pubblica, né si cattivò per questo la fiducia delle potenze orientali; perché i fuggiaschi polacchi furono accolti in Francia a braccia aperte, i poveri furono soccorsi dai fondi segreti, e il comitato parigino degli emigrati mandò da allora in poi i suoi affiliati a combattere su tutte le barricate del mondo. Il lamento patetico sulla fine della Polonia diventò l'inevitabile pezzo di forza di ogni carica a fondo: ma il governo persisté nel suo contegno ambiguo. Quando poi si accumularono in Polonia violenze su violenze, e quando il principe di Metternich lacerò di propria mano la sua stessa opera, il trattato di Vienna, e la repubblica di Cracovia fu disfatta in piena pace, il conte Molé diresse a Vienna una nota vibrata, dicendo in sostanza che il cancelliere desse schiarimenti in segreto, dovendo egli risponderne al parlamento.
La monarchia di luglio mostrò, come in questa, in tutte le complicazioni estere lo stesso carattere d'indecisione e di falsità. Nello stesso tempo che i ministri dichiaravano solennemente alla camera: "noi abominiamo l'assolutismo e deploriamo i popoli tanto deboli da tollerarlo", Luigi Filippo con lettere poco conferenti a un re dei francesi aveva subito dopo la settimana di luglio impetrato il riconoscimento, per non dire il perdono, delle potenze orientali.
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