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      E il cieco uomo tenne duro in tutte queste vecchie sciocchezze, con vergognosa incapacità d'imparar nulla, fino al 1867, dopo che la rivoluzione svizzera aveva già dato frutti tanto benefici, e dopo che l'esperienza di due decenni aveva dimostrato, che un partito unitario in Isvizzera non esisteva!
      La monarchia di luglio aveva fatto cadere pietosamente il principio del non intervento annunziato con tanta pompa, e altrettanto sbagliava Guizot nel pensarsi di rappresentare in Oriente il difensore della politica conservatrice. Quando il conflitto delle Chiese a Colonia svelò il profondo dissidio d'interessi tra l'Austria e la Prussia, la sollecitudine più grave di Metternich era che la Prussia non avesse a collegarsi col liberalismo e con la corte di Parigi; onde egli si affrettò a preoccupare le Tuileries del protestantismo combattente del gabinetto di Berlino. Anche in questi ultimi anni reazionari di Luigi Filippo, il cancelliere tornò all'opinione espressa altra volta all'ambasciatore von Canitz: "quel governo non può essere affatto forte, quando gli tocca di combattere la rivoluzione: esso non può collocarsi sulla stessa linea dove ci troviamo noi; ciò sarebbe contro natura". Che il re borghese, con tutta la sua officiosità, non avesse menomamente rinunziato ai segreti disegni dell'ambizione francese, era trapelato anche durante le turbolenze svizzere da piccole furberie di ogni specie, come, per esempio, dall'ingenua proposta di Guizot di trasferire a Ginevra la sede delle cinque ambasciate, e con queste il centro della politica federale.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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