Gérard e Lobau ebbero il bastone di maresciallo, perché il prigioniero di Sant'Elena aveva pensato a loro; Gourgaud ed Heymes divennero aiutanti del re. Pareva come se l'intero esercito della Belle-Alliance fosse per rivivere. In principio, prima che la debolezza della monarchia di luglio fosse intravveduta, cotesta risurrezione vittoriosa del nome napoleonico accrebbe l'apprensione delle corti orientali. Per chi conosce da vicino la vita familiare degli uomini di Sant'Elena, e sa che le loro mogli pregavano addirittura davanti all'effigie dell'imperatore, e che le loro figlie si vantavano senza ritegno alcuno di essere sue figlie, ebbene, riesce incomprensibile, come mai un Orléans abbia potuto sperare di cattivarsi proprio in quella cerchia seguaci fedeli. Allibì Guizot stesso, e l'astuto Palmerston non seppe reprimere un sorriso, quando il re fece officiare il gabinetto inglese per la consegna del cadavere dell'imperatore. Il nipote di Filippo Égalité riconduceva le ceneri dell'imperatore alle rive della Senna, dove l'esule aveva bramato di riposare. Centomila persone coprivano in silenzio, serrate le une alle altre dal rigore invernale, l'ampia strada da Neuilly a Parigi, e ancora una volta risorse dalla tomba lo splendore di un giorno unico. Allato alla bara dell'imperatore procedevano gli uomini di Sant'Elena, i Gourgaud, Bertrand, Las Casas; i cappotti chiusi dei veterani ecclissavano gli abiti dorati dei potenti del piccolo oggi, e i cannoni delle batterie napoleoniche, trofei del nemico, salutavano col loro rimbombo l'imperatore che entrava tra i suoi invalidi.
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