Come lo zio lascia al mondo la scelta tra i cosacchi e la repubblica, così il nipote fra i governi di oggigiorno esalta, come coerenti e coscienti, solo la Russia e l'America del Nord. Egli vuole alla cima dello stato un capo personalmente responsabile, che diriga l'amministrazione per mezzo di tecnici, di specialisti, e non già di capiparte. Il parlamentarismo è deriso come il dominio dei retori; le sue lotte di partito sono altrettanto vuote di contenuto, quanto furono un tempo le dispute dommatiche del medioevo; e non porta la libertà, ma il governo di una oligarchia privilegiata, alla maniera inglese. Quest'abile argomentazione sofistica non poteva fallire il colpo sul lettore francese; e trovava un sostegno solido nelle condizioni del paese sotto il dominio della borghesia. Non meno recisamente il principe si volse, con odio napoleonico, contro le vedute aristocratiche del mondo feudale: ché, anzi, nella sua storia dell'artiglieria non si tiene dal flagellare l'antica nobiltà francese, che un tempo aveva messo in burla la nuova arma borghese e l'aveva buttata via dal campo.
Non rimane dubbio, dunque, che il suo scopo sia la monarchia rivoluzionaria, eletta dal popolo sovrano, sollecita della sorte degli umili, sempre pronta a gittare nella bilancia la spada di Brenno in ogni causa della civiltà. Quanto ai mezzi per stabilire cotesta corona democratica, egli si esprime con perspicua chiarezza: un colpo di stato come quello del 18 brumaio non può essere elevato a principio (ma chi mai in tutto il mondo aveva riguardato come principio le brutalità del brumaio?
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