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      Posto che lo stato, come suonano le teorie democratiche di moda, posa unicamente sull'arbitrio del singolo, anche la ripartizione dei beni non deve dunque rispondere ai bisogni del singolo? Se lo stato è onnipotente, come in fondo ammettevano tutti i partiti, non deve esso rimovere di un colpo lo sfruttamento del lavoro da parte del capitale? Dove ogni diritto politico è legato alla proprietà, una logica inesorabile guida l'opposizione alla lotta contro la proprietà stessa. Al tempo dei tumulti operai senza scopo determinato e della distruzione delle macchine, segue il tempo della lotta pei fondamenti della società. Il socialismo e il comunismo, notati appena sotto i Borboni, trovarono ora un'eco strepitosa nell'innominata miseria delle regioni manifatturiere, e si presentarono con l'audace pretesa di portare qualcosa di schiettamente nuovo, una dottrina non mai udita di salvazione degli oppressi; e per quanto comica dovesse comparire una pretensione siffatta in un paese che già un tempo aveva sanguinato sotto la dominazione del comunismo pratico, ciò non ostante la paura dei possidenti le prestò fede.
      Non dimentichiamo, noi tedeschi, che in coteste lotte sociali la Francia ha combattuto e sofferto per l'Europa intera. Infatti, perché mai le dottrine del comunismo trovarono allora poca o nessuna rispondenza sul nostro suolo? Una ragione di tale fenomeno consiste senza dubbio nello spirito germanico d'indipendenza dei nostri operai, i quali si volgono più volonterosamente dei francesi ai sistemi di previdenza regolata.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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