Ma agl'ingegni più fini, come Considérant e Cabet, riuscì presto di rinnovellare l'alleanza del radicalismo politico e del sociale, e lo stesso Lamartine aderendo esclamò: il partito sociale è un'idea! Luigi Blanc con un atteggiamento non troppo da statista domandava che lo stato, come quello che era l'industriale più grande di tutti, schiacciasse la prepotenza dei capitalisti; Pietro Leroux seppe con la sua mistica teosofia far breccia nel mondo della mezza cultura filosofica; e Lamennais edificava gli ascoltatori cattolici con una risacca di frasi cristiane, che giravano sempre intorno a una sola immagine: "il popolo grida: ho sete! I ricchi rispondono: bevi le tue lacrime!" I catechismi della École sociétaire allagavano il paese, proponendosi un poco di minacciare, un poco di commovere; oggi di svegliare l'orgoglio nazionale con la descrizione del vetusto socialisme gaulois; domani di persuadere dolcemente i timidi, che si domandava un semplice esperimento in un solo comune, una semplice imposta ereditaria progressiva come un mezzo blando di transizione. Chi considera separatamente coteste improntitudini insensate, è quasi indotto a stupirsi, che il dispotismo in Francia non sia trionfato molto prima. Non era in siffatte dottrine un sol principio, che non combattesse la coscienza del valore personale, che è la pietra angolare di ogni libertà; non un sol principio, che non eccitasse la licenza delle folle e la comune paura dei possidenti. Proprio così: alcuni pensatori conseguenti tra i comunisti già professano la loro indifferenza verso qualsiasi forma di stato.
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