Chi leggendo qualcuno di questi romanzi sociali, ha conosciuto da vicino le figure tipiche dell'onesto scannatore, del crudo strozzino e della beltà da bordello angelicamente pura, conosce anche l'intero andazzo, ed è al caso di misurare quale tremenda efficacia pervertitrice abbia dovuto avere una siffatta letteratura, gittata a piene mani in mezzo al popolo mormoratore. E tanto più irresistibilmente si diffuse, in quanto era necessariamente scoppiata fuori dalle idee morali fondamentali dell'intera società. Giacché, quale era il tipo ideale dei ceti più alti? Il conte di Montecristo, il beniamino della musa dell'innocente fanfaron Alessandro Dumas: l'uomo perfetto, che per spiccioli porta sempre un milione nel taschino del panciotto!
Tutti gli organi del radicalismo gareggiavano nel vizio dell'adulazione al popolo. Uno dei principii della società dei diritti dell'uomo dice: ogni legge deve partire dalla premessa, che il popolo è buono e il governo è esposto alla tentazione! Se viene repressa una sedizione operaia, i fogli radicali arrischiano solo di rado e timidamente una parola di riprensione all'imprudenza commessa, ma non rifinano più di lodare l'eroismo delle mani callose e delle braccia nerborute. Il popolo vero e proprio è il quarto stato, peuple-roi, peuple tout-puissant, peuple-idée: stando a Victor Hugo, il monello di Parigi con l'aria della città universale respira l'innocenza; la vera aristocrazia sono gli operai. Qualunque scandalo del bel mondo, l'assassinio della duchessa di Praslin, la grande truffa della Compagnia delle Ferrovie del Nord, viene destramente adoperato a istituire il confronto tra l'innocenza dei bistrattati iloti e la scelleratezza dei sibariti crapulanti.
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