Finalmente sotto Cavaignac tornò al ministero degli esteri un uomo d'affari, Bastide, un repubblicano rigido, così poco addestrato ai maneggi diplomatici quanto lo stesso dittatore. La conquassata repubblica era tuttora a mala pena al caso di prendere una decisione nelle questioni europee, e, quando le venne fatto, seguì fedelmente le orme di Guizot; salvo che al frasario conservatore sostituì il radicale. Anche la filantropica seconda repubblica fu ossequente al tradizionale principio francese, secondo il quale la potenza della Francia si basa sulla rovina dei vicini. Solo un uomo ingiusto censurerà la Francia di avere indugiato a riconoscere il potere centrale tedesco e a ricevere ufficialmente il nostro ambasciatore imperiale Federico von Raumer, che apparve subito accanto all'ambasciatore prussiano von Willisen. Chi potrebbe volerne ai francesi, se non compresero la sottile differenza tra un tedesco prussiano e un prussiano tedesco, e se confessarono apertamente, che non sapevano che si pensare del nostro immaginario potere centrale? Un ambasciatore, il quale per l'occasione offriva al ministro Bastide un libro che aveva ottenuto un successo, cioè le Considerazioni di un vecchio professore di storia sullo stato della Francia, non poteva seriamente aspirare ad essere considerato come il rappresentante di una grande potenza. Più grave era l'atteggiamento ostile della repubblica verso la sollevazione dello Schleswig-Holstein, e addirittura riprovevole l'animosità invidiosa contro la lotta dei piemontesi.
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