E si sperava di sfuggire a un tal pericolo proclamando l'idea dottrinaria, né ancora pienamente attuata in nessuno stato del mondo, dell'assoluta divisione dei poteri come il supremo principio di ogni governo libero. Il popolo sovrano trasferì il potere legislativo a un'assemblea nazionale, che siedé in permanenza per lo spazio di tre anni senza potere essere disciolta. Quando di tanto in tanto si aggiornava, nominava a rappresentarla una commissione dal proprio seno; e quando spirava il termine del mandato, una commissione nuovamente eletta ne prendeva subito il posto. Nulla, il puro nulla era stato previsto per tutelare questo corpo di 750 membri dalle decisioni avventate: ogni legge che aveva deliberata, entrava in vigore un mese dopo, nei casi urgenti anche tre giorni dopo l'approvazione. Si poneva appena mente, che la stessa democrazia dell'America del Nord non ha rinunziato a quella fonte di mutui emendamenti e temperamenti, che costituisce il sistema delle due camere. Ma quello che decise il sistema della camera unica non fu lo zelo di eguaglianza dei radicali né furono le condizioni sociali di un popolo che è fuso in una massa compatta di contribuenti, sibbene la paura sociale dei possidenti. Noi abbiamo bisogno della dittatura, e la dittatura non comporta partizioni; solo l'unità del potere assicura l'ordine: tali erano le considerazioni reazionarie, che indussero la maggioranza alla sua decisione radicale. Alla repubblica una e indivisibile corrispondeva la camera una: non si volle vedere, che solo i governi dispotici godono il privilegio della semplicità. In tal modo parve effettuato quello spauracchio di una legislatura senza limiti, che mosse un tempo Mirabeau ad esclamare: "io preferirei di vivere a Costantinopoli piuttosto che in Francia sotto il dominio di un parlamento siffatto!
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