Il presidente era il capo supremo dell'esercito, nominava tutti gli ufficiali, ma gli era inibito di vestire l'uniforme e di comandare personalmente il minimo reparto di truppa: il che era un'offesa grossolana a tutte le consuetudini e alle idee tradizionali dell'esercito francese. Gli era assegnato un appannaggio, troppo alto per la virtù di un repubblicano, ma miseramente gretto per le pretese, che la Francia era abituata da secoli a esigere dal capo dello stato: il povero diavolo, che invidiava ai deputati la loro paga giornaliera, rimpiangeva malvolentieri i tempi dei re. Il presidente aveva la facoltà di proporre leggi all'assemblea nazionale, ma non godeva del diritto di veto, e solo poteva rimandare alla camera i disegni di legge per la ripresa in esame. Talché è obbligato a portare la responsabilità dell'applicazione delle leggi, che disapprova. Di più. Non solo è condannato a stare per tre anni accanto a un'assemblea nazionale ostile, senza punto il diritto dell'appello al popolo per comporre il dissidio; ma si esige anzi, che il presidente personalmente responsabile scelga il suo ministro parimente responsabile dalla maggioranza del parlamento. Sicché la maggioranza viveva sotto una tale ossessione di idee monarchiche, da pretendere anche dalla repubblica lo stesso regime parlamentare concepibile solo con la monarchia!
E mentre si finse di vivere a repubblica, fu mantenuto poi inalterato il dispotismo amministrativo di Napoleone, salvo alcune modificazioni sconclusionate.
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Francia Napoleone
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