Con tutto ciò il quadro della situazione inauditamente intrigata non è ancora compiuto. Data per certa la rielezione del principe, era altrettanto assodato, che i contadini avrebbero rimandato all'assemblea nazionale una maggioranza di reazionari realisti, giacché non esisteva ancora per nulla un forte partito bonapartista preparato al parlamento. Talché, anche la revisione dello statuto, se pur si fosse attenuta solo a rendere possibile la rielezione del presidente, anticipava non altro, che lo spettacolo di nuovi intrighi infiniti. Solo il ripristinamento della monarchia, già da un pezzo invocata dalle moltitudini, e propriamente della corona napoleonica, l'unica possibile allora, avrebbe avuto virtù di ridare allo stato la salute; e, in effetto, il dilemma "repubblica o monarchia?" fu seriamente dibattuto dalla commissione parlamentare, che trattò della revisione nell'estate del 1851. Un'eccellente relazione, dovuta alla penna di Tocqueville, propose all'assemblea di decidere per la revisione. Ma l'accecamento della Montagna e di alcuni avversari fanatici del presidente impedì che si raccogliesse sulla proposta la maggioranza voluta di tre quarti dell'assemblea. Il diritto esistente era insostenibile, la riforma era preclusa dal voto del 19 luglio. Il problema del prossimo futuro, secondo la parola cruda del radicale Schölcher, sonava: à qui le canon?
V.
Il profondo disgusto che suscitano in ogni uomo retto i grossolani panegirici della stampa bonapartista, non c'impediscono di riconoscere, che in quel momento il presidente era il solo uomo che perseguisse uno scopo politico chiaro, conseguibile.
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Tocqueville Montagna Schölcher
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