Il nome stesso "salvatore della società" depone come un indimenticabile testimonio di miseria per l'animo virile di quella età profondamente caduta. Ma anche più miserabile dell'allegria del borghesume salvato, apparve la vigliaccheria del radicalismo tedesco, il quale, in luogo di resistere virilmente in casa alle improntitudini della reazione, per un anno intero confermò il proprio coraggio civile nelle spiritosaggini niente pericolose su "Lui". Ma quanto più rumorosamente i radicali berteggiavano e schernivano, tanto più profondamente il nuovo sistema s'insinuava nelle istituzioni dei paesi vicini. "Il suffragio universale è il lavoro", proclama la meglio fondata tra le spampanate del nuovo bonapartismo: il 2 dicembre significa il principio di una nuova età piena di una produzione economica elevata al grado supremo. Laddove il primo impero aveva con la sua tracotanza violenta chiamato a raccolta tutte le forze morali dei vicini, ora invece cotesta nuova scostumatezza e crapulosità francese traboccò dalle frontiere rovinando e stupidendo: tirannide di una immoralità senza idee, alla quale in quei cinquant'anni non si sottrasse interamente nessun popolo di Europa.
Il nuovo sovrano indubitabilmente era molto superiore al suo entourage. Tanto che fin dal principio a un giudizio imparziale non poté sfuggire, che egli non si proponeva né di calcare le orme sanguigne dello zio, né di disfarsi nella nullità del cavaliere di ventura coronato dalla vittoria. All'opposto, per la prima volta nella nuova Francia iniziò egli un regime, che dagli esordi aveva a misurarsi con l'opposizione della capitale: tuttora sotto lo stato di assedio un terzo degli elettori parigini pronunziarono il loro no avverso il nuovo ordinamento.
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