L'imperatore era la testa più libera del governo; nulladimeno, per tutto il tempo che la dinastia non fu riconosciuta senza riserva dai liberali, si vide costretto ad attuare le sue riforme per mezzo di uomini che aborrivano ogni progresso. In tal modo, da qualunque parte ci facciamo, noi ritorniamo alla conclusione, che l'impero doveva essere e rimanere un dispotismo democratico.
La conseguenza di cotesta forma statale appare indubbia, alla prima occhiata. La piramide della vecchia amministrazione napoleonica, fatta col e pel dispotismo, piantata sull'idea dell'onnipotenza dello stato, trovò il suo vertice naturale nel despota eletto, che impiega in pro delle moltitudini il potere statale e che nei casi estremi è atteso dalla rivoluzione. Anche il Consiglio di stato, il numero dei cui membri fu notevolmente accresciuto, forma di nuovo, come sotto il primo imperatore, il capo e, nello stesso tempo, l'alta scuola dell'amministrazione. Protegge gl'impiegati dalla persecuzione giudiziaria, e discute i disegni di legge con tale minuziosità di formalismo, da far sembrare superfluo al grosso pubblico ogni altro dibattito in parlamento. L'enorme aumento degl'impiegati e l'elevazione degli stipendi legava la burocrazia al sistema, e l'introduzione dei cadres de non-activité facilitò l'allontanamento(24), senza troppe cerimonie, dei caratteri incomodi. Anche l'indipendenza della magistratura sembra a stento tuttora un riparo contro l'assolutismo. La promozione dei giudici avviene fondamentalmente come ricompensa di sentimenti dinastici; l'introduzione dei membri del tribunale nella commissione giudiziaria non avviene più, come un tempo, per opera del presidente del tribunale e dei consiglieri anziani, ma per opera del presidente e del procuratore generale.
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Consiglio
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