Solo che noi domandiamo: in che modo ha usato la Francia della sua nuova libertà? E anche adesso la risposta suona profondamente triste. Si palesò ora per la prima volta quale mostruoso pericolo costituiva il fatto, che un popolo passionato e geniale si fosse per lo spazio di due decenni interamente disabituato dalla vita pubblica. Quando riflettiamo alla follia che seguì al turbine di febbraio, dopo che la nazione aveva potuto per lo spazio di una generazione attingere ammaestramento e consapevolezza dalla libera stampa, noi non ci stupiamo affatto che una generazione, la quale non si era più addestrata alla disciplina della libertà e non aveva alcuna conoscenza degli affari dello stato, non sapesse distinguere tra radicalismo e spirito di libertà, e si abbandonasse senza guida al turbine delle passioni.
Tutto il nauseabondo lordume, che un tempo si era rincantucciato tra le colonne della stampa spatriata, adesso era venduto sui boulevards della capitale: i palati sovreccitati inghiottivano avidamente la Lanterne di Rochefort, indubitabilmente il più comune e il più insipiente giornale d'infamia, che sia mai apparso in una nazione incivilita. Urlava nei clubs parigini la bestialità selvaggia di una plebe scostumata: di tempo in tempo i demagoghi menavano a spasso il popolo sovrano in una journée, in immondi eccessi per le strade. Qual meraviglia, se i borghesi impauriti già movessero a Rouher lamento, che la mano del governo non fosse più sentita? E venne il giorno della prova, l'elezione del 23 maggio 1869. La questione per la Francia era di sapere, se dietro questo mostruoso clamore radicale non si nascondesse forse una qualche forza morale.
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