Si principiò a comprendere l'arbitrio antistorico e insipiente della divisione in dipartimenti. Mentre in Bretagna, in Normandia, tra i Baschi e i Guasconi persisteva l'antico spirito provinciale, che era per altro una boria di provincia senza forza politica, e l'alsaziano con tutto il suo patriottismo guardava dall'alto in basso i "francesi neolatini" come un popolo mezzo straniero, col fatto i dipartimenti erano rimasti puri corpi amministrativi. Permaneva impossibile, che paesi come Épinal e Vésoul diventassero centri di uno speciale spirito regionale come Bordeaux o Lione. Era tuttora fattibile designare i dipartimenti con numeri, come aveva un tempo proposto Sieyès col suo odio a tutte le formazioni storiche; tanto apparivano, dopo un'esistenza di sessant'anni, schematici e senza colore. Gli antichi inconvenienti del governo prefettizio diventarono addirittura intollerabili, da quando alla dipendenza(26) dei prefetti furono posti come guardiani dei costumi gl'ispettori generali di polizia e, data la frequenza sistematica dei traslochi, tutti gl'impiegati si assuefecero a considerarsi come uomini senza patria. I consigli generali, è vero, venivano eletti col suffragio universale; ma la loro sfera di azione rimase immutata; anzi qualche uomo indipendente se ne ritrasse, dopo che il governo ottenne il diritto di nominare i presidenti e i segretari e di condurre esso esclusivamente lo scrutinio. Per quanto era certo che un distretto poteva amministrare solamente quello che pagava, altrettanto era certa la morte dell'autonomia in quello stato, i cui consigli generali fin dal tempo del primo imperatore avevano soltanto il misero diritto di riscuotere ai fini dei dipartimenti il quattro per cento sulle imposte statali.
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