Non già che noi intendiamo di rifiutare semplicemente al carattere dei francesi l'idoneità alla libera vita comunale. Giacché i prossimi consanguinei proprio delle più bellicose stirpi del paese, i valloni e i vaudesi, hanno sviluppato con grande compitezza nella terra loro l'autonomia; e gli stessi consigli generali francesi, per lo meno al tempo che era loro consentito di eleggersi i propri presidenti, hanno sovente dato gloriose prove di senso comunale fattivo. Solo che, in forza di un'antichissima deformazione politica, specialmente dal tempo della Rivoluzione in poi, le abitudini e le idee burocratiche sono così profondamente penetrate nel popolo, che una completa trasformazione non sembra possibile. Lo splendido esempio dell'autonomia locale nell'antica provincia di Linguadoca non significa, purtroppo, nulla; ché quei tempi furono.
Si poteva lamentare l'ottuso meccanismo della divisione dipartimentale; manifestamente, però, non era fattibile abolirlo. Ogni tentativo di reintegrare le provincie e i loro gradi, come fece un tempo la Restaurazione, avrebbe naturalmente risuscitato l'odio della burocrazia e delle moltitudini contro l'antico regime, risuscitato lo spavento indelebile delle popolazioni davanti a un ritorno della decima e del lavoro servile. L'idea di riunire vari dipartimenti in una regione sotto una grande città come capoluogo, fu sostenuta solo da qualche propugnatore eloquente. Noi però domandiamo: in effetto, si era ancora in tempo, a rispingere indietro l'antichissimo svolgimento storico che aveva concentrato a Parigi i confini del paese? e quante e quali forze spirituali autonome possedeva Lione, fuori degl'interessi di classe del suo clero e del suo mondo commerciale?
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