Invece il francese avrà in questa gara una parte molto subordinata. La Francia non conosce emigrazione. Significano poco i 200.000 abitanti che abbandonano il paese nello spazio di dieci anni; significano quasi nulla, se poniamo mente, che le buone intelligenze delle classi medie fanno ressa quasi tutte per gl'impieghi, e che la Francia non manda negli uffici degli scali transatlantici le energie della sana gioventù, come la Germania o l'Inghilterra, ma gente per la più parte bacata o corrotta. Chi sa apprezzare pienamente la multiforme ricchezza della civiltà europea, lamenta con dolore, che questo inaridimento di forze del popolo francese minacci di aprire una lacuna irreparabile nella cultura del mondo. Ma il dado è gettato, e se tutti i segni non ingannano, la Francia dovrà rimanere una potenza europea in quel prodigioso avvenire, in cui sarà fatta la storia universale, in cui tedeschi e russi, inglesi e nordamericani troveranno nuove vie al commercio mondiale e nuove forme all'ascensione umana.
Il vezzo dei lavoratori delle città, che minacciava così gravemente l'equilibrio delle forze economiche, aveva almeno procurato all'impero il fedele attaccamento dei figliuoli prediletti? La sollevazione della Comune di Parigi dà una risposta schiacciante. I vantaggi, che l'impero accordò agli operai, non sono minimamente da paragonarsi con l'affrancamento da un'oppressione indicibile, concesso un tempo dai Cesari di Roma agli abitanti delle provincie. L'operaio teneva in faccia al bonapartismo un atteggiamento meno ostile che in faccia ai borghesi e ai legittimisti; il suo antico odio contro i transporteurs del sistema parlamentare non era ancora dissipato interamente.
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