Anche le cités ouvrières doverono presto rinunziare all'assistenza di quella società, giacché i dividendi alti, che lo speculatore agognava, non potevano certo uscire da un'impresa veramente di pubblica utilità. Altrettanto sterile per l'agricoltura si dimostrò il così detto Crédit agricole. C'è di più: gli esattori delle imposte, agenti ufficiali del Crédit foncier, ricevendo il premio per ogni somma che versavano alla società, si davano da fare per attirare a Parigi i risparmi dei contadini, invece di far affluire sull'agricoltura il danaro della capitale. Importanti società agricole per assicurazione dalle alluvioni e simili furono costituite invano; il gioco di borsa o l'alto dividendo delle banche di credito di Parigi sembravano più attraenti. E come inciampò nella speculazione, il contadino si disaffezionò dal suo modesto mestiere. In questo modo l'agricoltore ebbe a soffrire sotto il socialismo monarchico per due ragioni: i capitali della campagna affluirono alla metropoli, e in pari tempo salì il salario pei lavori campestri, perché i lavori edilizi delle città richiamavano i giornalieri.
Il dirizzone burocratico impedì anche a questo regime del moto perpetuo di metter mano a correggere le antiche leggi difettose che opprimevano l'agricoltore. Il Code rural, al quale dal 1808 lavorarono cinque sistemi, non fu mai ultimato. Il principio salutare della libera divisibilità delle terre sortisce effetti palesemente rovinosi, se non viene alleviato l'aggravio delle preselle.
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