Egli previde, che la riforma delle insostenibili tariffe della Francia e dell'Inghilterra s'imponeva, e che questa riforma, senza un'intesa reciproca, minacciava di sconvolgere gl'interessi industriali dei due paesi. Ed egli profittò del momento favorevole, quando la riputazione dell'impero dopo le vittorie in Italia toccava il culmine, per cercare, con l'opera di specialisti dei due stati, principalmente di Cobden e di Chevalier, un accomodamento delle reciproche pretese, per altro estremamente difficile, tanto era grande la differenza delle due tariffe. Finalmente il 23 gennaio 1860 il trattato di commercio fu concluso. Subito dopo la statua di Richard Cobden fu rizzata a buon diritto nel castello di Versailles in mezzo ai grandi della Francia. Quando la somma di tutto il commercio di esportazione e d'importazione, che nel 1850 ascendeva a non più che 2500 milioni, ammontò nel 1865 a 7614 milioni; quando l'esportazione, singolarmente degli articles de Paris e degli oggetti anche più fini in cui s'invaloriscono il senso squisito della bellezza e il gusto dei francesi, crebbe affatto smisuratamente; allora siffatti numeri doverono ben provare a ogni persona imparziale i benefizi del libero traffico, ad onta della riconosciuta abilità della statistica imperiale, che dimostrava continuamente ciò che voleva dimostrare.
Considerazioni politiche ed economiche costrinsero, l'imperatore a spingere la libertà del commercio sulla via dei dazi differenziali e dei trattati commerciali. Si trattava di cattivare il consenso del corpo legislativo, del quale, dato il cambiamento legale generale delle tariffe, era impossibile far di meno.
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