La grisette del Quartiere latino, che con tutta la sua leggerezza era pure la creatura ingenuamente amabile, cantata un tempo da Béranger, era finita da un pezzo. Le successe la lorette senza cuore e calcolatrice, e più tardi, in linea ascendente, la biche, la cocotte e alla fine, per colmo, la pétroleuse! E nella melma di questa impudicizia si mescolò la masnada letteraria della petite Bohème, di quegli scrittori putridi, che nei cafés litéraires sbraitavano in intemerate frenetiche contro ogni sacro modo della vita umana. Lasciamo ai filistei riscaldarsi per quelle orge selvagge, in cui teneva il dominio il cancan regolato dalle guardie di città: da per ogni dove le onde mosse della vita delle metropoli turbinano lo stesso sudiciume. La singolarità della putredine dei costumi parigini consisteva piuttosto in ciò, che si confondevano sempre più i limiti tra la buona società e l'infame, che nessuno sapeva più dire dove principiasse il circolo delle Tuileries e dove finisse quello di Cora Pearl. La spirituale e briosa conversazione degli antichi saloni era sparita; e fu perdita inestimabile per l'urbanità dell'intero continente. La nuova società non dava posto ai pochi veri gentiluomini, tuttora superstiti di migliori dì; non dava posto ai Tocqueville e ai Circourt. I modi sfacciati e pure affettati del demi-monde, la sua impudenza facchinesca, il fumare e bestemmiare, il gergo della sua langue verte andarono connaturandosi anche nelle più alte sfere. Teresa, l'eroina dei cafés-chantants, trovò con le sue sudice canzoni ascolto presso l'imperatore, ed ebbe una valorosa scolara nella principessa di Metternich; e nei salotti della principessa Matilde i frequentatori giocavano a zecchinette e si vezzeggiavano col nomignolo intimo di animal.
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