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      I documenti pubblicati dal gabinetto di Parigi diedero per la prima volta al mondo la coscienza della gravità della situazione. Poi, nel corso della guerra, nella mente dell'avventuriero affaccendato sorsero idee lungiopranti di ogni specie. Al generale piemontese Partonneaux confessò: "la Polonia ripristinata, la Finlandia alla Svezia, la Crimea alla Turchia, e poi una rivoluzione in Italia; ecco la soluzione più felice!". Ma imparò a sobbarcarsi, quando il volo vittorioso delle sue aquile andò molto a rilento.
      Il momento della decisione parve molto felicemente scelto per la Russia. Lo czar per lo spazio di una generazione aveva portato con successo la maschera del grand'uomo, e di contro alle malferme corti occidentali si ergeva imponente, con quella irremovibile sicurezza che in un Gustavo Adolfo o in un Federico è un privilegio del genio, e in lui era nulla più che un segno di terra terra di pensiero, e di limitatezza. Non vi era principe in Europa, che non gli si fosse umiliato. Le corti tedesche e italiane adulavano il nemico della Rivoluzione, l'Austria gli pareva per sempre obbligata per l'assoggettamento dell'Ungheria. Le due potenze occidentali si erano alienate per via dei discorsi senza freno degli chauvinistes e della contesa pei profughi. Nel parlamento inglese risonò così alta e minacciosa la parola dell'odio alla Francia, che nel marzo del 1853 millecinquecento londinesi stimarono necessario firmare una protesta di devozione all'imperatore. La gara commerciale e industriale in Occidente teneva siffattamente gli spiriti, che a stento pareva ancora possibile una guerra popolare.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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