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      Quell'opuscolo, in verità, non era un monumento d'ipocrisia, come lo qualificò il papa adirato: indubitabilmente annunziava l'idea direttiva della recentissima politica imperiale, l'intendimento, cioè, di mantenere in un dominio ristretto il potere temporale. Napoleone non poteva desiderare l'annientamento dello Stato pontificio, se non voleva accendere in Francia un pericoloso movimento ultramontano, né, insieme, rinunziare all'idea dell'egemonia sui popoli latini. Giacché la Spagna, il Messico, l'America del Sud parteggiavano unanimi pel papa re. Il consiglio dato al papa di rinunziare alle Legazioni, era il massimo che l'imperatore evidentemente potesse fare per l'Italia. Quello scritto rinfocolò il movimento italiano in ristagno, compì l'unità dell'Italia centrale.
      Le conseguenze dell'azione dell'uomo di stato furono bilanciate da uno sgarrone massiccio: l'imperatore domandò la Savoia, stata già stabilita a Plombières in corrispettivo della libertà dell'Adria, come compenso alle annessioni dell'Italia centrale, e, inoltre, anche Nizza. A ogni modo, tutto questo non era un furto arbitrario di territori. La potenza del partito ultramontano infrancesato del tutto in Savoia, come pure il rapido progresso della lingua e dei costumi francesi nel nizzardo già italiano a metà, dimostravano che in quelle regioni non veniva ad essere sostanzialmente offeso il principio della nazionalità. Pareva quasi irrecusabile per un Bonaparte l'occasione di riprendere per lo meno le frontiere del 1814. La nazione, che dal generoso entusiasmo dell'estate del 1859 era da un pezzo ricaduta nel vecchio egoismo, pretendeva la ricompensa dei sacrifizi della guerra.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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