Napoleone desiderava sempre la liberazione di Venezia; ma solamente l'imbastardita consorteria successa a Cavour gli prestava l'antico ossequio. In Italia saliva in considerazione il partito di azione, che un tempo la mano sovrana di Cavour teneva a segno; e predicava, che la questione romana non era più a risolvere coi mezzi morali, ma con la guerra alla Francia. I tentativi d'ingerenza di Napoleone durante la guerra boema incontrarono un freddo rifiuto presso la maggior parte degl'italiani: l'Italia non dalla sua mano voleva ricevere il Quadrilatero. La Santa Sede fu da allora il suo solo alleato; e gli rimase unicamente l'enimmatica speranza, che fosse forse per riuscire nell'incerto futuro un papa Bonaparte, che riconciliasse la Curia col suo tempo e col suo popolo. Il vincitore di Solferino era adesso il protettore del papa: l'imperatore cadde, e trascinò seco il papa re.
Nelle complicazioni d'Italia e d'Oriente Napoleone III aveva apportate alcune idee notevoli; e così pure le imprese oltremarine di quel tempo s'ispirano evidentemente a un pensiero serio. Non movevano puramente dal proposito di procurare all'esercito trionfi comodi e a buon mercato, di mostrare ancora una volta al mondo i britanni come i caudatari della Francia, di consentire all'impero di elevare a sé stesso il panegirico che le sue armate avevano vinto in quattro parti del mondo: ma anche di aprire nuovi sbocchi al commercio. I porti della China si schiudevano ai vascelli dei barbari dai capelli rossi, gli ambasciatori del Siam e del Giappone giravano per le corti di Occidente.
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