Il sentimento di pietà nutrito da quindici anni pel vecchio alleato di Napoleone, le pauvre petit roi de Danemarc, risorse a nuovo: parve una scelleraggine inaudita che la Germania non volesse tollerare oltre la dileggiante arroganza di un nemico imbelle. I vecchi partiti incorreggibili non seppero spiegarsi altrimenti la riserva dell'imperatore se non con la torpidità della vecchiaia placida o con la bizza vendicativa contro quell'Inghilterra, che aveva rifiutato negli affari polacchi ogni seria cooperazione al napoleonide, e adesso, con un brutale urlo di guerra, dava fondo alla sua riputazione politica. L'andamento intricato della lotta, l'insania dell'odio alla Prussia nello stesso campo liberale tedesco era tutt'altro che appropriata a dar lume ai vicini prevenuti. Il ministro prussiano, di cui l'imperatore aveva visto malvolentieri l'assunzione al ministero degli esteri, confermò immantinente la sua maestria diplomatica nella situazione forse la più ardua che gli fosse stata creata. Egli si piantò saldamente sul terreno dei trattati europei, e così costrinse l'Austria a seguirlo e le altre potenze a restarsene inoperose, laddove, in realtà, l'intera Europa era concorde contro la Prussia. Ma Napoleone aspettò la sua ora: previde, che i vincitori verrebbero presto alle brusche sul prezzo della vittoria, e sperava allora di ottenere senza gravi sacrifizi l'agognata rivendicazione. Arrivò l'ora e si adempì la sua speranza. Scoppiò in Germania la lotta pel dominio.
Napoleone non era esente di cordiale predilezione pel paese della sua fanciullezza, ma bonne vieille Allemagne; pregiava la bravura e la lealtà tedesca e stimava imparzialmente la nostra scienza più che la francese.
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