Accanto a un tale risveglio di tutte le cattive passioni si rivelarono vuote parole le verità pacifiche della nuova scienza storico-politica: l'influenza del lavoro intellettuale tedesco incagliò quasi di botto. Chi avrebbe potuto biasimare troppo rigidamente il corruccio e la vergogna dell'orgogliosa nazione, nel vedersi oscurare dalla vittoria dei suoi nemici antichi la sua propria gloria guerresca? Ma chi poteva scusare per questo l'urlo senza esempio impudente e incosciente, che tutti i partiti levavano contro la Germania e contro l'imperatore? La France de nouveau bismarquée! strillavano e querelavano, ogni volta che la federazione nordica tedesca faceva un passo avanti. Toccava a Napoleone sentire dai suoi intimi amici e parenti il ruvido raffaccio di aver annichililo il préstige della Francia: la lettera della regina di Olanda rinvenuta alle Tuileries non lascia certamente null'altro a desiderare in chiarezza di linguaggio. L'opposizione colpì con zelo la favorevole opportunità di manifestare le sue patriottiche ambasce. Il vecchio Thiers era inconsolabile della giornata di Königgrätz; Giulio Favre si sciolse in lacrime di commozione pel re dei guelfi; Prévost-Paradol dichiarò che, se l'unità germanica si effettuava, una sola via rimaneva aperta alla Francia: perire nella lotta contro cotesta unità! E tutti questi reazionari, che combattevano le giovani forze del secolo con le idee chiuse di una politica di gabinetto decrepita, tronfiavano col minaccioso frasario di libertà corrente nel paese.
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