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      La Prussia rinunziò, è vero, al suo diritto di presidio del Lussemburgo, ma Napoleone vi rimise insieme la sperata rappresaglia di Königgrätz e la sua riputazione di uomo di stato.
      Dopo sedici anni di lavoro enorme egli era approdato a questo, che, tanto di qua, quanto di là dalle frontiere, il suo regime incontrava un'altra volta la stessa diffidenza universale, come nei primi tempi susseguenti al 2 dicembre. La morbosità dello stato francese aveva procurato all'intero continente il malessere di una tensione angosciosa, che non era degna del nostro secolo altamente incivilito. Napoleone, come del resto il noto scritto del marchese di Gricourt riconosce apertamente, era in sommo grado sorpreso e conturbato dalla opposizione della Prussia. Si era lusingato di conservare, con una conquista la più possibilmente modesta, la pace tra i due popoli vicini; e adesso anche questo proposito andava a monte per l'orgoglio della Prussia! Anche i francesi più miti e assennati parteciparono a cotesto avviso; come apprendiamo dalla lettera di Renan a Davide Strauss. In senato Persigny domandò con espressioni di somma ira, se il Lussemburgo non appartenesse per avventura al re di Prussia. "Questo evento", conchiuse, "solleva il velo di un futuro, dal quale non ci è lecito oltre distogliere i nostri sguardi!".
      Per conseguenza, nei circoli militari francesi la guerra fu tenuta inevitabile. Il colonnello Stoffel compendiava la gravità della situazione nella proposizione seguente: la Prussia vuole estendere il suo dominio sulla Germania meridionale; la forma è indifferente; la Francia vuole impedirlo; dunque bisogna venire alla guerra.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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