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      Credo che non sarebbe troppo lontano dall’indicare la vera causa di tale disdegno e del suo ostinato persistere chi riconoscesse in esso il prodotto di abitudini mentali tramandate per tradizione, e che risalgono al tempo in cui i grandi iniziatori dei metodi scientifici moderni avevano diritto di ricorrere, quasi per legittima difesa, anche a questo mezzo supremo, nelle loro lotte corpo a corpo contro l’abuso della autorità in materia di scienza e di esperienza.
      Citerò a questo proposito un passo caratteristico del Dialogo dei massimi sistemi. A Simplicio, che domanda quale sarà, la scorta da seguire, quando si abbandoni Aristotele, Galileo fa così rispondere da Salviati:(2)
      «Ci è bisogno di scorta nei paesi incogniti e selvaggi, ma nei luoghi aperti e piani i ciechi solamente hanno bisogno di guida e chi è tale è bene che si resti a casa. Ma chi ha gli occhi nella fronte, e nella mente, di quelli si ha da servire per iscorta; né perciò dico io che non si deva ascoltare Aristotele, anzi laudo il vederlo e diligentemente studiarlo, e solo biasimo il darsegli in preda in maniera, che alla cieca si sottoscriva ad ogni suo detto e senza cercarne altra ragione si debba avere per decreto inviolabile. Il che è un abuso che si tira dietro un altro disordine estremo, ed è che altri non si applica più a cercar di intendere la forza delle sue dimostrazioni. E qual cosa è più vergognosa che il sentire nelle pubbliche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscire un di traverso con un testo, e ben spesso scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all’avversario?


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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