Non si è certamente cominciato solo in questi ultimi tempi a riconoscere come scopo e ufficio principale dell’insegnamento non deva esser quello di fare inghiottire ai discepoli la maggior dose possibile di informazioni o di ragionamenti e infarcire la loro memoria del massimo numero di notizie e di cognizioni.(10)
Herbert Spencer non è stato il primo, come non sono stati i primi Pestalozzi e Rousseau, e neppur Locke e Montaigne, a proclamare che il compito principale che deve prefiggersi chi insegna è quello di favorire lo sviluppo armonico delle facoltà intellettuali, di stimolare e provocare, pure regolandoli e in certo modo incanalandoli, gli impulsi spontanei delle menti che stanno formandosi e utilizzare al massimo grado le inclinazioni istintive, facendo loro la minima violenza. Ora non v’è bisogno, dopo quanto ho già detto, di spendere molte parole per far rilevare come le nuove idee alle quali ho alluso portino sempre più a fare annoverare non solo tra i mezzi, ma anche tra le condizioni indispensabili per la realizzazione d’un sistema d’insegnamento che si avvicini quanto è possibile a questo ideale, il possesso, da parte di quelli che hanno ufficio d’insegnare una data scienza, d’una conoscenza almeno sommaria delle fasi più importanti e caratteristiche del suo sviluppo.
Per ciò che riguarda anzi in modo speciale gli studi matematici, io non sarei del tutto alieno dal dar ragione a quelli che credono che il metodo migliore, dal lato didattico, per l’esposizione delle varie parti d’un determinato soggetto, sia quello che risulta dal presentare la materia, di cui esso si compone, sotto una forma che si discosti il meno possibile da quella che corrisponde al suo sviluppo storico.
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