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      È ora appunto su una questione di questo genere che intendo svolgere qui qualche considerazione, suggeritami da alcuni fatti nei quali mi sono imbattuto nelle mie ricerche sulla storia della meccanica. Essa si riferisce a una delle più fondamentali distinzioni, che si possono stabilire tra i procedimenti di ricerca scientifica, la distinzione, cioè, comunemente espressa dal contrapporre il ragionamento all’esperienza, l’argomentazione alla generalizzazione, il metodo deduttivo al metodo induttivo. Io mi studierò di definire e precisare la natura e l’importanza di questa distinzione, accennando alle varie forme sotto le quali essa è stata concepita e formulata e cercando di porre in chiaro i caratteri fondamentali sui quali essa si basa. Prendendo poi specialmente a considerare il metodo deduttivo, dedicherò qualche osservazione, da una parte a ciò che si potrebbe chiamare il suo stato di servizio nella storia della scienza, e dall’altra alle varie opinioni che sono state avanzate sul suo valore e sul suo compito, sia come strumento di ricerca e di spiegazione che come mezzo di dimostrazione e di accertamento. Cercherò di analizzare le cause a cui si può attribuire il singolare contrasto tra i suoi trionfi e le sue conquiste in alcuni campi d’investigazione, come per esempio nelle matematiche e in alcuni dei più importanti rami della fisica, e la sua impotenza e i suoi umilianti insuccessi in altre sfere di ricerca, esaminando se e quanto tali insuccessi siano da imputare a qualche sua inerente incapacità, e quanto invece alla sua immatura o maldestra applicazione, e all’insufficiente elaborazione, o troppo affrettata scelta, degli assiomi e delle ipotesi che costituiscono il suo inevitabile punto di partenza.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483