Pr., lib. I, 30).
È da notare inoltre che quando Aristotele afferma l’origine induttiva dei principi o assiomi su cui si basano le scienze a tipo deduttivo, non intende escludere da questa sua affermazione neppure gli assiomi della geometria. Egli combatte risolutamente la opinione (sostenuta a quel che pare da alcuni matematici suoi contemporanei) che una scienza possa esser fondata su delle semplici definizioni. «Un geometra, egli dice, indicherà per mezzo di una definizione che cosa significa la parola triangolo, ma che un triangolo esista o che sia possibile costruirlo, e sia quindi lecito trarre conseguenze dal fatto di averlo costruito, è una verità che non viene ne ammessa né provata per mezzo della definizione, e che dev’essere supposta o dimostrata a parte».
E neppure egli si stanca mai di additare come la principale tra le cause di errore, atte a viziare le conclusioni ottenute per deduzione, l’uso di parole ambigue o prive di significato determinato, e di inculcare l’opportunità e la necessità di prendere precauzioni in questa direzione. Val la pena di citare a tal proposito il seguente brano dei Sofistici elenchi, nel quale, dopo avere asserito appunto che la più copiosa sorgente di deduzioni illusorie è l’abuso delle parole, soggiunge la seguente osservazione:
«Poiché ci è impossibile portar dietro a noi e tenere a disposizione tutti i fatti sui quali ragioniamo, e dobbiamo servirci delle parole come di tessere (sùmbola) che ce li rappresentino, noi ci troviamo nella stessa condizione di quelli che fanno conteggi sul danaro per mezzo di gettoni.
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Aristotele Sofistici
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