Pagina (32/483)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Anzi ci troviamo in una condizione ancora più sfavorevole, poiché, i fatti particolari essendo infiniti in numero, mentre le parole e i segni sono relativamente assai poco numerosi, è inevitabile che talvolta, a cose grandemente tra loro differenti, lo stesso nome venga applicato, dal che noi siamo indotti a scambiare per relazioni e proprietà delle cose quelle che non sono che relazioni e conformità tra altre cose che le rappresentano. È questa una delle circostanze delle quali maggiormente dovranno trar profitto quelli che si propongono per scopo, non di essere saggi, ma di parer tali senza esserlo veramente» (cap. I, 5, 6).
     
      Ma non è qui il caso di insistere più a lungo su quella parte delle vedute di Aristotele, in riguardo alla natura e al compito del metodo deduttivo, che risulta perfettamente conforme a quanto da tutti oggi si ammette, o almeno si dovrebbe ammettere. A me preme di più, per il presente proposito, richiamare l’attenzione sulle differenze che si presentano tra il concetto che Aristotele si faceva dei servigi che l’applicazione della deduzione è atta a rendere per la costituzione e l’avanzamento delle scienze, e le opinioni professate e adottate su questo soggetto dagli scienziati moderni da Galileo in poi.
      Le convinzioni di Aristotele su questo argomento sembrano esser state soprattutto determinate dall’osservazione del modo di funzionare della deduzione nei due soli campi nei quali gli scienziati suoi predecessori e contemporanei erano riesciti a servirsene con vantaggio, cioè da una parte la geometria, e dall’altra la retorica, intendendo questa nel senso antico, cioè come l’arte di modificare le opinioni altrui per mezzo della parola.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





Aristotele Aristotele Galileo Aristotele