Quella qualità mentale che a ragione fu designata come la più preziosa e necessaria per bene osservare, l’attitudine cioè a meravigliarsi a proposito, esige, come condizione indispensabile al suo sviluppo, la disposizione a confrontare coi fatti tutte le conseguenze, anche remote e artificiose, dei nostri preconcetti. Senza questa disposizione noi non riesciamo a distinguere, nell’immenso caos di fatti accessibili alle nostre esplorazioni, quali sono quelli il cui esame o la cui constatazione può determinare delle modificazioni importanti alle nostre credenze (gli experimenta crucis di Bacone), od allargare realmente la sfera delle nostre cognizioni.
Non è forse stato abbastanza notato, da quelli che si occuparono di storia della meccanica, che le prime e più decisive esperienze che determinarono l’avanzamento di questa scienza al di là del punto in cui essa era stata portata dai greci, furono considerate, da quelli che prima le intrapresero, non tanto come delle interrogazioni rivolte alla natura quanto piuttosto delle provocazioni, dei cimenti, per usare la parola divenuta poi classica, a cui essi l’assoggettavano per sfidarla a rispondere diversamente da quello che essa avrebbe dovuto.(30) In una gran parte anzi dei casi importanti, le esperienze non si presentarono che come delle semplici verifiche di conclusioni alle quali gli esperimentatori erano già arrivati indipendentemente da esse. Grande sarebbe stato il loro stupore se le risposte della natura non fossero state conformi alle loro anticipazioni, e tale assenza di conformità, allorquando si verificò effettivamente, li indusse piuttosto a domandarsi perché gli esperimenti non erano riusciti, che non a dubitare immediatamente della legittimità delle loro presunzioni.
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Bacone
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