(32) La legge d’inerzia, non meno di quella dell’attrazione universale, sarebbe probabilmente ancora ignota agli uomini, almeno in tutta la sua generalità, se, per analizzare e spiegare i fenomeni nei quali essa si manifesta, essi non avessero avuto a disposizione altro metodo che quello dell’osservazione e della misura diretta o delle semplici constatazioni sperimentali, per quanto molteplici ed accurate. La conquista di verità così importanti non poteva essere effettuata senza l’esercizio di attività mentali assai più elevate e complicate di quanto non siano i processi di paragone diretto e di generalizzazione basata sul riconoscimento di analogie, al cui rintracciamento il sussidio della deduzione non è necessario.
Della potenza della deduzione a questo riguardo, e dello straordinario incremento che, dal suo opportuno impiego, deriva alla nostra facoltà di percepire le uniformità di andamento e le analogie intime tra fenomeni apparentemente diversi e non atti a essere ridotti e sottomessi alle stesse leggi, di questa potenza della deduzione della quale ci fornisce esempi classici l’applicazione della matematica alla descrizione e alla spiegazione dei fenomeni naturali, i pensatori greci non sembrano avere avuto che qualche vago presentimento. Il metodo da essi applicato alla ricerca delle analogie sulle quali basavano le loro spiegazioni dei fenomeni meccanici e fisici era sostanzialmente simile a quello che è seguito ora nelle scienze puramente descrittive e comparate (come per esempio l’anatomia, la linguistica, o la botanica), se si fa astrazione, s’intende, dalla minor diligenza nei raffronti e nelle distinzioni, e soprattutto dalla deficienza di critica nell’interpretazione delle testimonianze e delle notizie, caratteri questi ultimi che non toccano la sostanza del metodo, ma hanno la loro radice nell’imperfetta coordinazione e divisione del lavoro scientifico e nelle difficoltà che allora si opponevano alla trasmissione e all’accumulazione dei risultati ottenuti da diversi osservatori isolati.
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