Sebbene quindi osservazioni generali sui processi di ricerca e consigli relativi al metodo non siano rari nelle opere dei grandi scienziati dai quali tali nuovi processi e metodi furono iniziati, tuttavia non è in esse che ci imbattiamo in una trattazione connessa ed esplicita delle questioni relative alla classificazione e alla analisi delle attività mentali che in quelli entrano in giuoco. Così, per esempio, per ciò che riguarda concetti tanto fondamentali, quanto sono quelli di causa, di agente, di spiegazione, di attitudine, ecc., si può dire che fu solo negli scritti di David Hume, che essi furono assoggettati per la prima volta a una analisi psicologica abbastanza profonda da rendere possibile basare su essi un’esposizione sistematica e coordinata dei metodi di ricerca di cui si fa uso nelle scienze fisiche, quale è quella che fu in seguito intrapresa da John Herschel nel suo celebre Discorso sullo studio della filosofia naturale. E parimenti per ciò che riguarda la funzione delle ipotesi come mezzo di indagine, si può dire che è solo nella suddetta opera di Herschel e in quelle, quasi contemporaneamente pubblicate, del Comte, che tale questione fu per la prima volta trattata da un punto di vista generale e con l’accuratezza corrispondente all’importanza e alle difficoltà dell’argomento.
Anche sul soggetto di cui mi rimane a parlare, quello cioè delle condizioni da cui dipende la diversa applicabilità e fecondità del metodo deduttivo nei vari campi di ricerca, non si è riusciti che assai tardi, e forse non ancora completamente, a portare la teoria al livello della pratica, e a render quella capace, non solo di giustificare questa, ma anche di servirle di guida, organizzando i procedimenti istintivi e abituali in un sistema di norme facenti capo a pochi principi generali nei quali esse si riassumessero e coordinassero.
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