Così, prendendo l’esempio di prima, è innegabile che la proposizione: Socrate è mortale, deve già essere ritenuta vera prima che si possa enunciare la proposizione generale in cui si afferma la mortalità di tutti gli uomini, e noi non possiamo dirci sicuri della verità di questa ultima, se non ci siamo prima assicurati della sua applicabilità a tutti i casi che essa contempla. Onde qualunque dubbio ci rimanga sulla mortalità di un dato uomo è per ciò solo un dubbio che ci rimane sulla verità della proposizione in cui si afferma la mortalità di tutti.
Non si può quindi disconoscere che, se intendiamo per ragionamento una operazione mentale che ci fa procedere dal noto allo ignoto e allarga il campo delle nostre cognizioni, i sillogismi del tipo sopra considerato non hanno neppur diritto ad essere chiamati ragionamenti. Con essi noi non facciamo tutt’al più che interpretare e applicare, a una data circostanza che ci si presenti, il risultato di ragionamenti già fatti anteriormente da noi o da altri per noi, risultati che la memoria o la tradizione ci conserva sotto forma di proposizioni generali, conservandoci d’altronde, o no, memoria delle prove di fatto o dei motivi che ci hanno condotti ad accettarle e ritenerle per vere. Tali proposizioni generali, per usare una frase di Schopenhauer, non rappresentano per noi un terreno donde germoglino e crescano le nostre cognizioni, ma bensì un granaio dove esse giacciono ammucchiate e sono messe in serbo contro le intemperie e tenute in pronto per i nostri bisogni.
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Socrate Schopenhauer
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