Tra questi vantaggi ve n’è uno sul quale ho avuto già abbastanza occasione di insistere, quando accennai alle opinioni di Aristotele sulla funzione della deduzione come strumento di prova, e sul quale quindi non mi fermerò che quanto è necessario per distinguerlo dai rimanenti. Tale vantaggio consiste nel reciproco controllo che le proposizioni legate per mezzo della deduzione sono poste in grado di esercitare le une sulle altre, e nel vicendevole appoggio che esse vengono così a prestarsi, mettendo in certo modo in comune la forza complessiva di tutti i fatti e di tutte le verifiche di cui ciascuna di esse dispone in particolare. Allo stesso modo come in uno stato bene ordinato, un torto o un’ingiustizia, patita dall’ultimo dei cittadini, è risentita con non minore intensità e rimediata con non minore energia, che se di essa fosse stata vittima la persona più influente o facoltosa, così in una scienza ordinata deduttivamente, non c’è proposizione, per quanto complicata e laboriosamente ottenuta, che sia meno protetta contro il dubbio e le contestazioni di quanto lo siano le proposizioni più evidenti e primitive che figurano nella trattazione, purché, s’intende, si faccia astrazione dagli eventuali errori materiali di calcolo di cui la probabilità può essere facilmente resa inferiore a qualunque grado praticamente assegnabile. In tali scienze nessun fatto o notizia può essere ritenuto sufficiente a infirmare la verità d’una proposizione dimostrata, se quel fatto o quella notizia non hanno tal peso, non solo da poter scuotere la fiducia che si ripone nella proposizione a cui essi sembrano contraddire direttamente, ma anche da costringerci a modificare o abbandonare come insostenibile una almeno delle proposizioni fondamentali di cui ci possiamo servire per dimostrarla.
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Aristotele
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