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      7° della Repubblica), essa ci pone in grado di discernere l’uno in mezzo al molteplice (to en en pollois oran) e di scorgere cogli occhi della mente i poli immutabili attorno ai quali turbina il caos e la perpetua vicenda dei fenomeni e delle sensazioni.
      Se si concepisce insomma come scopo della ricerca scientifica la costruzione di un insieme di teorie e di immagini mentali, la cui corrispondenza coi fatti che rappresentano sia sempre più perfetta, e tale da permetterci previsioni più sicure, più precise e di più lunga portata sul loro andamento e un controllo sempre più efficace dei mezzi che sono a nostra disposizione per far servire le cose alla soddisfazione dei nostri bisogni o alla realizzazione delle nostre aspirazioni, si dovrà riconoscere, come compito principale della deduzione, quello di metterci in grado di raggiungere tali scopi coi mezzi più semplici e riducendo al minimo le operazioni mentali e il materiale di fatti e di esperienze a tal uopo richiesti.
      Può aver l’aspetto d’un paradosso il dire che la potenza della deduzione a questo riguardo è tale che noi arriviamo, per mezzo suo, non solo a scoprire le proprietà più generali ed elementari dei fenomeni che studiamo, ma inoltre perfino a costringerli a presentarsi e riprodursi nella nostra mente come se le leggi che li regolano e le proprietà di cui godono fossero assai più semplici e generali di quanto esse non siano in realtà. Eppure ciò è letteralmente vero. Così, per esempio, il fatto che non esistono corpi perfettamente rigidi, o fluidi assolutamente incompressibili, non impedisce al fisico di indagare e determinare quali siano le proprietà che essi dovrebbero avere se esistessero, e di arrivare per mezzo della deduzione ad analizzarle, a collegarle, a riconoscerle come dipendenti le une dalle altre, precisamente come se si trattasse di proprietà di corpi realmente esistenti; ottenendo in tal modo conclusioni che non cessano di essere applicabili anche a quei corpi che non sono ne perfettamente rigidi, né assolutamente incompressibili, purché, s’intende, la loro deficienza di rigidità o di incompressibilità non sia tale da rendere la divergenza, tra il loro effettivo modo di comportarsi e quello dei loro modelli ideali fittizi, così grande da dar luogo ad errori od inconvenienti non compensabili coi vantaggi che presenta la semplificazione così raggiunta.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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