Di più noi vediamo esser stati frequentissimi gli errori, e i ritardi all’acquisto di nuove cognizioni, dovuti, se non esclusivamente almeno principalmente, a ciò, che, in date circostanze, certe utili e indispensabili «questioni di parole» non furono sollevate, o non poterono esser discusse, e certe nozioni confuse ed ambigue non furono sottoposte all’analisi e alla critica per soverchio rispetto all’involucro verbale che le proteggeva.
Io mi propongo di far rilevare, ricorrendo in particolar modo ad illustrazioni tolte dalla storia della meccanica, di quanto aiuto possa essere l’esame dei fatti di questo genere, non solo per darci lume sul meccanismo intimo del linguaggio e sul suo modo di funzionare, sia come mezzo di rappresentazione che di trasmissione delle idee e delle conoscenze, ma anche per guidarci a istituire una corretta diagnosi e caratterizzazione delle illusioni e dei sofismi a cui le imperfezioni sue possono dar luogo, e per suggerirci i mezzi più atti a por rimedio a tali imperfezioni, o almeno ad attenuarne gli effetti e a premunirci contro la loro influenza.(46)
Noi siamo forse troppo proclivi a credere che le cause d’errore e d’oscurità, che non hanno mai mancato di esser fertili, in minore o maggior grado, in qualsiasi stadio di sviluppo scientifico anteriore al nostro, abbiano ora, per non so qual ragione o complesso di ragioni, cessato affatto di esercitare la loro dannosa azione. Che tali cause non ci facciano ora più cadere negli stessi errori nei quali indussero i nostri predecessori è troppo naturale, ma non è certamente una ragione sufficiente per conchiudere che esse non ci possano indurre in altri errori dello stesso genere, dei quali è pur naturale che noi non ci accorgiamo.
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