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      .. altrimenti non li commetteremmo.
      Non bisogna inoltre dimenticare che, se noi ci possiamo considerare come immuni da molte delle illusioni che talvolta hanno ritardato, e tal altra volta accelerato, il cammino della scienza antica, ciò dipende, non tanto dall’aver noi riconosciuto le cause che le hanno prodotte, quanto piuttosto dal fatto che noi abbiamo rinunciato ad occuparci, scientificamente almeno, di una gran parte delle questioni la cui trattazione è atta ad esporre maggiormente ai pericoli che da quelle provengono.
      Questa tattica prudente, alla quale nel nostro secolo non è mancato neppur l’onore di essere elevata alla dignità di sistema filosofico sotto il nome di positivismo, per quanto pienamente giustificata dal punto di vista pratico, è soggetta a gravi obbiezioni, specialmente in quanto essa pretenda basarsi sopra una distinzione netta, e stabilita una volta per tutte, tra le questioni che possono formare oggetto di ricerca scientifica e le altre alle quali tale privilegio non compete.
      Si obbietta a ragione che il determinare a quale di queste due categorie una data questione appartenga, costituisce alla sua volta una questione non facilmente risolubile, e meno ancora poi tale che si possa riguardare come definitivamente risolta col solo appello all’infruttuosità dei tentativi già fatti per ottenere la soluzione della questione considerata, a meno di voler ammettere che tutte le questioni finora non risolte debbano per ciò solo essere ritenute come irresolubili.
      A queste obbiezioni, e ad altre della stessa indole, non sembra possibile trovare adeguata risposta senza basarsi su ricerche, o per lo meno su congetture, relative alle cause dalle quali in generale può dipendere la solubilità o insolubilità d’una data questione, o, in altre parole, senza fare qualche tentativo per determinare quali siano le circostanze, o i caratteri comuni, che contraddistinguono le questioni che devono riputarsi come accessibili all’investigazione scientifica, da quelle sulle quali è vano illudersi di poter mai giungere a conclusioni attendibili.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483