Ora non è sfuggito all’attenzione delle persone più competenti che si occuparono di questo argomento, come tra le cognizioni che ci possono essere di più gran sussidio per tale determinazione vadano appunto collocate in primo luogo quelle che si riferiscono alla struttura e allo sviluppo del linguaggio e alla natura delle funzioni che esso adempie. È solo da esse infatti che possiamo esser messi in grado di giudicare quali e quante delle questioni che noi crediamo di poter qualificare come insolubili devono tale loro carattere a qualche vizio fondamentale del nostro modo di formularle, o al fatto di essere puramente delle questioni fittizie, tali cioè che all’insieme delle parole colle quali le enunciamo non corrisponda alcun senso determinato assegnabile.
È da notare che in tali casi, e specialmente in quest’ultimo, nel quale la nostra incapacità a trovare una soluzione trova la sua completa spiegazione nel fatto che non v’è alcuna questione da risolvere, la nostra tendenza istintiva a collocare il problema in questione nel novero di quelli ai quali l’indagine scientifica non è applicabile viene a trovarsi definitivamente giustificata, indipendentemente affatto da qualunque opinione o preconcetto che si possa avere sulla maggiore o minore convenienza di allargare il campo delle investigazioni scientifiche in una direzione piuttostoché in un’altra, o sulla maggiore o minor potenza dei mezzi d’indagine che sono a nostra disposizione.
Premessi questi cenni, diretti a far rilevare, da un lato l’interesse, per dir così, pratico che presenta l’argomento di cui intendo parlare, e dall’altro la stretta connessione che passa tra esso e gli studi sulla storia delle scienze, passerò ora a riassumere brevemente alcune considerazioni fondamentali sul meccanismo del linguaggio, le quali gioverà tener presenti per ben comprendere la trattazione successiva.
| |
|