II
Uno dei caratteri più ovvi, che distinguono il linguaggio tecnico scientifico dal linguaggio ordinario, e in generale i linguaggi evoluti dai linguaggi primitivi, mi sembra consistere nella maggior difficoltà colla quale in questi ultimi si può procedere alla determinazione esatta del significato delle parole per mezzo di definizioni, cioè per mezzo di altre parole che servono in certo modo a decomporre tale significato nei singoli elementi che lo costituiscono.
Tale carattere si riconnette a una differenza fondamentale della quale possiamo farci un’idea ben chiara e distinta anche solo esaminando il contrasto tra l’uso che fanno rispettivamente d’uno stesso linguaggio un bambino e un uomo adulto, un uomo ignorante d’una data materia e un uomo in essa competente.
Così, per prendere i due casi estremi, mentre il bambino che applica a un dato oggetto una denominazione già a lui famigliare non vuol esprimere, nella maggior parte dei casi, altro che la sua impressione, talvolta assai vaga, d’una rassomiglianza tra tale oggetto e gli altri ai quali è già abituato ad applicare la stessa designazione, allo scienziato invece non capita che in casi eccezionali di classificare insieme degli oggetti, designandoli con uno stesso nome, senza aver prima determinato quali sono le condizioni che egli esige siano soddisfatte perché a un dato oggetto la data designazione sia applicabile. In altre parole, ogni qualvolta lo scienziato indica parecchi oggetti con uno stesso nome, egli asserisce, non solo che essi si rassomigliano, ma che essi si rassomigliano in qualche cosa, che essi hanno cioè dei determinati caratteri comuni, suscettibili di essere enumerati e designati a parte, e il cui insieme costituisce ciò che comunemente si chiama il «significato» del nome considerato.
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