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      Giova notare subito come, mentre i caratteri costituenti il significato d’un dato nome devono essere comuni a tutti gli oggetti a cui il nome è applicabile, essi sono tuttavia d’ordinario assai lontani dall’esaurire tutti i caratteri (conosciuti o no) che tali oggetti possiedono in comune. Essi rappresentano solo un gruppo di questi, scelto per ragioni di convenienza, o di tradizione, tra i molti altri gruppi di caratteri che avrebbero potuto egualmente servire a delimitare la stessa classe di oggetti. Onde può benissimo avvenire che due nomi, pur avendo un significato affatto diverso, si applichino ciascuno a tutti gli oggetti a cui si applica l’altro e solo ad essi, abbiano, cioè, come usa dire, la stessa sfera d’applicazione.
      È evidente tuttavia che, quanto più numerosi sono i caratteri il cui possesso è richiesto perché a un dato oggetto sia applicabile un dato nome, tanto più viene a restringersi la sfera d’applicazione di questo, mentre, al contrario, quanto più numerosi sono gli oggetti ai quali un dato nome è applicabile, tanto meno sarà significante il nome stesso, tanto minori informazioni cioè noi verremo a dare su un dato oggetto applicando ad esso un tale nome.(47)
      Le proposizioni, nelle quali si asserisce che gli oggetti designati con un dato nome hanno altri determinati caratteri comuni oltre quelli che entrano a costituire il significato del nome ad essi applicato, sono quelle che si chiamano ordinariamente proposizioni generali. Con esse noi affermiamo in sostanza che, ogni qualvolta un oggetto presenta certi caratteri, esso ne presenta anche certi altri o, ciò che è lo stesso, che certi determinati fatti o fenomeni si presentano o tendono a presentarsi costantemente insieme e a coesistere o a succedersi invariabilmente gli uni agli altri.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483