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      Ora, se prendiamo, per esempio, la proposizione: «Due forze, applicate a un corpo rigido girevole intorno ad un asse, si fanno equilibrio, quando i loro momenti, rispetto a quest’asse, sono eguali e di segno opposto», è evidente che la sua semplice ispezione non ci permette di comprendere se chi la enuncia intenda con essa asserire qualche cosa sulle condizioni d’equilibrio d’un corpo rigido in date circostanze, o se egli invece non intenda far altro che indicare la sua intenzione di adoperare la parola «momento» nel senso che abbiamo visto sopra, invece che nel senso che si darebbe ad essa attualmente.
      Se tale fosse l’intenzione di chi parla, la frase «sono di ugual momento» potrebbe esser sostituita dall’altra meno ambigua «si chiamano di egual momento», con che si vedrebbe chiaramente che egli non ci dà assolutamente alcuna informazione sulle leggi dell’equilibrio.
      Parimenti, per prendere un altro esempio dalla meccanica, la proposizione: «Un punto materiale sollecitato da una forza costante subisce in eguali intervalli di tempo eguali accrescimenti di velocità», colla quale, se si dà alla parola «forza» il significato che essa ha negli scritti di Galileo, si viene ad enunciare una legge fondamentale della dinamica da lui scoperta, diventa invece, per chi chiami «forza» il prodotto di una massa per un’accelerazione, un semplice frammento di definizione, un’asserzione cioè che non ci dice nulla affatto sulle circostanze che danno luogo alla costanza dell’accelerazione, ma ci informa solo che, in virtù di convenzioni fatte sul significato della parola «forza», il dire «il tal punto è sollecitato da una forza costante» è lo stesso come dire che esso, in eguali intervalli di tempo, subisce uguali incrementi di velocità.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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