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      L’illusione che consiste nel credere a tale possibilità è stata, e continua ancora in parte ad essere, la sorgente d’una quantità di cattive speculazioni metafisiche, o di questioni oziose e prive di senso.
      Questa illusione non avrebbe probabilmente mai avuto luogo senza il concorso di quelle ambiguità di linguaggio a cui abbiamo già alluso. Per esempio, a nessun matematico sarebbe venuto in mente di concepire l’intero edificio della geometria come basato su un insieme di semplici definizioni (senza alcuna aggiunta di assiomi o postulati relativi alla struttura e alle proprietà dello spazio, reale o immaginato), se non fosse stato indotto dalle imperfezioni di linguaggio, già sopra accennate, a scambiare per semplici definizioni proposizioni che, pur affettandone la forma esteriore, contenevano delle affermazioni reali, riguardanti cioè dati di fatto o ipotesi ad essi relative.
      Così enunciando la frase seguente: «Per parallela a una retta condotta da un dato punto s’intende la retta che passa per tale punto e non incontra la retta data, pure essendo contenuta in uno stesso piano con essa», si può credere di non avere dato che la semplice definizione della parola «parallela» mentre nel fatto si sono enunciate, implicitamente, due asserzioni riguardanti non il senso di quella o di alcun’altra parola, ma riguardanti proprietà possedute, o supposte essere possedute, dalle rette, o dai punti, di cui si parla. Si è affermato infatti, in primo luogo, che per un punto dato, fuori d’una retta, si possono condurre delle altre rette che non l’incontrano, e, in secondo luogo, che fra tali rette ve n’è una e una sola, che è contenuta in uno stesso piano colla retta data.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483