Anche i sostenitori della morale utilitaria dimenticano frequentemente, e volentieri, come ogni loro sforzo per giustificare delle regole di condotta ricorrendo alla considerazione delle conseguenze sociali che derivano, o deriverebbero, dalla loro osservanza o dal loro mantenimento, non può portarli a conclusioni concrete se non a patto che essi si riferiscano a un’effettiva antecedente determinazione degli scopi della vita, sociale o individuale, e del loro rispettivo grado d’importanza (in altre parole, senza che essi si riferiscano a ciò che il Nietzsche chiama una data tavola di valori), determinazione che implica qualche cosa di più che dei semplici giudizi di constatazione, ed esce dalla competenza dell’intelligenza «pura» per entrare in quella della volontà e dell’arbitrio umano.
L’osservazione dei fatti e i ragionamenti, deduttivi o induttivi, non ci possono condurre che a prevedere i risultati del nostro eventuale modo di comportarci, e a determinare i mezzi atti a condurci al tale o al tal altro scopo. Le conclusioni alle quali mediante essi si arriva, si possono tutte mettere sotto la forma seguente: «Se si vuole, o non si vuole, che la tale o tal altra cosa avvenga, si deve agire in questo o in quest’altro modo». Ma con nessun sforzo d’alchimia dialettica si potrà giungere, col solo loro aiuto, a delle conclusioni della forma: «Si deve o non si deve volere, o desiderare, che la tale o tal altra cosa avvenga».
E una tale incapacità non deve essere considerata come un’insufficienza temporanea della «Scienza», né attribuita a qualche difficoltà suscettibile di essere sormontata in qualche fase ulteriore di progresso intellettuale.
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Nietzsche
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