La distinzione, sulla quale il Brentano a ragione insiste, tra i fatti mentali della seconda e della terza delle tre categorie da lui stabilite, ci aiuta a comprendere come qui si abbia torto di pretendere dalla scienza ciò che essa per sua natura non può dare. Rimproverare ad essa, o agli scienziati, la loro impotenza a questo riguardo, è poco meno assurdo di ciò che sarebbe l’attribuire all’imperizia di un pittore il fatto che la luce d’una lampada da lui dipinta in un suo quadro non vale a rischiarare una stanza oscura dove il quadro si trova appeso.
Parigi, 22 agosto 1900.
[VI]
RECENSIONE A ERMINIO JUVALTAPROLEGOMENI A UNA MORALE DISTINTA DALLA METAFISICA
PAVIA, 1901
Pubblicata nella "Rivista italiana di sociologia", n. 3, giugno 1901. Poi in Scritti, pp. 368-73.
Se i lettori di recensioni fossero un po’ meno blasés in fatto di epiteti laudativi applicati a pubblicazioni recenti (e se, per un recensore, il farne uso non equivalesse ormai quasi a mettersi nel caso del pastorello di Esopo che gridava al lupo al lupo!), esiterei molto meno a qualificare il volume dello Juvalta come una delle più notevoli contribuzioni che abbiano vista la luce in Italia, in questi ultimi anni, sulle questioni fondamentali dell’etica e sui rapporti di questa colla psicologia e colle scienze sociali.
L’autore prende le mosse dal chiarire e precisare una distinzione che gli sembra di capitale importanza per il soggetto che egli si propone di trattare, la distinzione cioè tra le questioni che si riferiscono alla domanda: «Per qual ragione la tal condotta, o tal norma, è da qualificarsi come giusta o ingiusta?
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