Per citare un esempio concreto in appoggio di questa tesi, la quale, a prima vista, potrebbe essere giudicata come troppo... anarchica, i cristiani contemporanei di Tacito potevano forse essere qualificati come «immorali» pel fatto che il loro modo di vedere e d’agire non era compatibile colla persistenza dell’organismo politico a cui pure appartenevano? Se non si vuole quindi cadere nella conclusione assurda di assumere, come criterio di ciò che è giusto, e di ciò che è morale, le esigenze della conservazione d’una organizzazione sociale eventualmente non giusta o non morale, è necessario ammettere che le esigenze sociali, a cui si fa appello per «giustificare» determinate norme di condotta, non si riferiscono a una società qualunque, e forse neppure ad alcuna società attualmente esistente, ma a qualche tipo di società astratto alla cui scelta o costruzione ideale non possono a meno di aver cooperato precisamente quegli stessi criteri morali che si pretende poi dedurre dalla costruzione stessa.
L’autore è tuttavia lontano dal credere che la questione di determinare la condotta dell’homo iustus in societate iusta sia perciò puramente oziosa, o implichi un circolo vizioso. Essa non assume un tale carattere se non per chi creda che le ricerche sui criteri fondamentali della morale e quelle sul migliore ordinamento o assetto sociale possano essere condotte indipendentemente le une dalle altre, come riferentisi a ordini diversi di fatti e di aspirazioni, invece di costituire, come crede l’autore e come egli ha il merito di aver chiaramente messo in rilievo, due aspetti d’uno stesso ramo d’indagine, il cui compito è la determinazione e coordinazione dei fini più elevati e universali dell’attività umana.
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Tacito
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